sabato 2 dicembre 2017

Riabilitazione: l'italia viola la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità?

Alla vigilia del 3 dicembre, Giornata Mondiale per i Diritti delle Persone con Disabilità, una riflessione su un diritto negato a molti, quello alla riabilitazione


3 dicembre, giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità: come la mettiamo, in Italia, con il diritto alla Riabilitazione?
Il 3 dicembre, Giornata Internazionale per i Diritti delle persone con Disabilità, si avvicina ed è il momento, come anticipato in precedenti articoli, di fare il punto sulla  neuroriabilitazione intensiva in Italia, quella rivolta al post coma e al post acuzie.
Una specialità che interessa innumerevoli pazienti, a partire da quelli con lesioni cerebrospinali e post ictus.
Il panorama minaccia di essere desolante, tra le poche strutture esistenti, soprattutto nel meridione, ed i tagli della sanità, a partire da quelli operati dalla regione Lazio, in base ad una circolare del 2013 del ministero della salute che stabiliva adeguata questa prestazione solo per pazienti che abbiano avuto almeno un giorno di coma.
Una lettura miope di standard americani, dove la sanità è in gran parte privata e pagamento, che è solo uno dei tanti tasselli di una manovra per smantellare il Servizio Sanitario Nazionale.

Peccato, infatti, che l'articolo 25 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità sottoscritta dall'Italia, quello che riguarda il diritto alla salute, reciti:
"Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del più alto standard conseguibile di salute, senza discriminazioni sulla base della disabilità. 
Gli Stati Parti devono prendere tutte le misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità l’accesso ai servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione collegati alla sanità".


Va da se che, nell'ottica della norma, la riabilitazione, quindi la neuroriabilitazione, non passa attraverso una valutazione di uno standard, ma del diritto di godere, appunto, del più alto standard conseguibile di salute.
Non solo, gli stati firmatari sono vincolati a prendere tutte le misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità l'accesso ai servizi sanitari... inclusi i servizi di riabilitazione collegati alla sanità.
Basterebbe questo a mettere in mora il Governo Italiano, ma l'articolo 26, della stessa convenzione, si occupa nello specifico proprio dell'abilitazione e della riabilitazione:

"Gli Stati Parti prenderanno misure efficaci e appropriate, tra cui il sostegno tra pari, per permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, la piena abilità fisica, mentale, sociale e professionale, e di giungere alla piena inclusione e partecipazione in tutti gli ambiti della vita. A questo scopo, gli Stati Parti organizzeranno, rafforzeranno e estenderanno servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nelle aree della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi: 
a) abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e dei punti di forza dell’individuo; 
b) facilitino la partecipazione e l’inclusione nella comunità e in tutti gli aspetti della società, siano liberamente accettati e posti a disposizione delle persone con disabilità nei luoghi i più vicini possibile alle loro comunità di appartenenza, includendo le aree rurali".

Bene, a leggere queste parole alla luce di quanto sta avvenendo in Italia, ovvero tutto il contrario, verrebbe davvero voglia di vedere cosa ne direbbe la Corte dell'Aja per i Diritti dell'Uomo, competente per giurisdizione sui trattati internazionali.
Nella prossima uscita esamineremo cosa ne pensa l'Organizzazione Mondiale della Sanità della riabilitazione e della neuroriabilitazione.


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